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Editoria online: “l'informazione di prossimità” per rilancio contro big tech

07 febbraio 2020
Editoria online: “l'informazione di prossimità” per rilancio contro big tech

Per la ripresa ed il rilancio dell’editoria è necessario partire dall’online. E anche per riprendere le fila di quella educazione alla lettura critica dei giornali, che sta alla base della formazione di una coscienza etica e sociale, che la generazione dei nativi digitali sembra aver perso. Ma per centrare questo obiettivo servono regole e strumenti nuovi, per assicurare il rispetto della deontologia professionale e la tutela del lavoro.

E’ quanto è emerso dalla conferenza stampa che si è tenuta il 28 gennaio a Palazzo Madama su “Editoria digitale, numeri e prospettive”. Presenti il presidente dell’Uspi, Francesco Saverio Vetere, il vicesegretario Fnsi, Alessandra Costante, il senatore Fi, Andrea Cangini e Pier Luigi Celli, presidente Sensemakers, rappresentante Comscore in Italia, che ha illustrato e approfondito la ricerca condotta sui comportamenti di consumo delle notizie digitali in Italia da parte di 3 diverse generazioni (Generazione Z  18-22 anni, i Millenials 23-38, Generazione X 39-54).

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Ricominciare dal piccolo, dunque, per combattere i colossi del web che “hanno il progetto di svalutare la conoscenza”, come afferma il senatore Fi, Andrea Cangini, già direttore del resto del Carlino e di Qn. “I giovani non sono mai stati così ignoranti della lingua italiana, non in grado di distinguere i fatti dalle opinioni – aggiunge -. Non si deve dunque arretrare di fronte agli standard qualitativi di informazione alta, che rappresenta l’argine al cialtronismo dilagante dei siti improvvisati”.

Livello di condivisione delle news sui Social Network

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(fonte COMSCORE-SENSEMAKERS)

“E’ un’informazione scorretta non certo perchè i giovani smanettano sui siti di ogni genere – incalza Celli ma perchè chi chiede informazione corretta a volte sono proprio i grandi editori che fanno un uso strumentale dell’informazione. Dove sono i grandi editori e che ruolo stanno svolgendo verso questo degrado dell’informazione?". Per Celli i grandi gruppi editoriali si sono accorti “troppo tardi” dell’evoluzione tecnologica in essere e si sono dimostrati “incapaci di relazionarsi tra di loro”. “C’è un’incapacità cronica del Paese a fare gruppo – rincara Celli – si cede alle grandi piattaforme senza avere in cambio nulla”. Per questo, aggiunge, serve “cambiare classe dirigente, operatori, altrimenti non si esce da un destino che è segnato”.

Disponibilità a pagare un abbonamento per le news

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(fonte COMSCORE-SENSEMAKERS)

“Sono anni che gli editori italiani cercano di capire dove andare. Il web non è il male assoluto, uno strumento diabolico, è un mezzo e può essere utilizzato bene – osserva Costante dell’Fnsi -. Abbiamo lasciato grande spazio agli OTT, ma c’è possibilità di recuperare”. Lo spazio insomma esiste, continua, “ma servono regole e tutele”.

I grandi editori divisi non vanno da nessuna parte, figuratevi dove andrebbero i nostri piccoli – concorda il presidente Uspi, Vetere -. O c’é unità d’intenti, progetti comuni o siamo destinati a scomparire”. “Cerchiamo allora di portare i giornali locali ad essere letti, visti, ascoltati – incita Vetere – aiutiamoli a crescere e non solo a sopravvivere. Cerchiamo di farli sviluppare sull’online. Dobbiamo dare delle regole sostenibili, abbiamo bisogno di certezze e in questo senso va l’accordo con la FNSI, per il contratto Uspi-Fnsi. È un contratto innovativo non solo per il settore cartaceo, ma anche per l’online. È un settore che cresce velocemente. Si deve parlare di una nuova possibilità di sviluppo, a patto che ci siano regole tollerabili”.

Peso di USPI nel mondo delle news/information

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fonte COMSCORE-SENSEMAKERS

“I primi a capire i bisogni del settore online siamo stati noi – sottolinea Costante -. Se vogliamo che l’informazione abbia un senso, un peso, i giornalisti devono avere tutele. Per questo abbiamo siglato un contratto Uspi-Fnsi, per dare nuove regole a un mondo che sta crescendo”. Certo, continua, “questo contratto ha bisogno di manutenzione, ma è un primo passo che recepisce delle nuove figure nel mondo del web”. Attori importanti come Google “stanno uccidendo il lavoro giornalistico e gli stipendi dei giornalisti sono briciole. I contenuti presenti sulle piattaforme sono realizzati da co.co.co pagati una miseria. E’ questo il modo in cui vogliamo far crescere il settore dell’editoria online? Servono tutele e regole deontologiche che la rendano indipendente”. Infine c’è la chiamata in causa dell’esecutivo. “Al governo chiediamo il recepimento della direttiva Ue sul copyright, la web tax, l’intervento sui tetti pubblicitari”.

Passando ai dati della ricerca, quanto emerge è che l’interesse alla lettura di news è decisamente maggiore in Italia rispetto ad altri Paesi occidentali. La fonte più utilizzata per la lettura è quella dei siti di news per le generazioni più adulte, mentre per i giovanissimi sono i social network la fonte informativa primaria. Anche crescendo, è forte il rischio che questi restino fedeli alle piattaforme distributive, più che ai creatori di contenuti. Attenzione però: nonostante il loro ruolo come fonte di accesso all’informazione – rileva la ricerca – sono relativamente pochi coloro che condividono sui social post relativi alle news, soprattutto tra i giovanissimi, preoccupati – molto più che le generazioni precedenti – dalla polarizzazione delle discussioni su temi “sensibili” e dai relativi impatti sulle loro “identità digitali”.

Una situazione che – sottolinea la ricerca – “dovrebbe far riflettere gli editori che valutano i contenuti in base al loro potenziale di viralizzazione e hanno costruito i propri modelli di business sulla propagazione via social, misurando condivisioni, traffico e visualizzazioni di pagina sulle piattaforme”. Quando c’è un vero interesse, non passivo, tutti fanno riferimento ai siti dei giornali. Un comportamento che rappresenta “una grande opportunità per gli editori per intercettare i lettori”. Le news più affidabili, rileva ancora la ricerca, quelle che registrano i più alti tassi di fiducia dei lettori sono quelle locali, perchè vi accedono tante persone e quindi il controllo è maggiore. La ricerca misura il “peso” di Uspi nel mondo delle news online, pari all’88,9%  (dato settembre 2019, +29% rispetto a settembre 2018).

Sul fronte economico non c’è grande disponibilità a pagare per un abbonamento news, soprattutto fra i giovani. Per costoro le forme di pagamento online si rivolgono soprattutto verso altre forme di consumo, come spotify, netflix, apple music. A fronte di una disponibilità a pagare un abbonamento news pari al 12% per la generazione X, il dato scende al 7% per la generazione Z. Per questo, si conclude,  “la soluzione più opportuna potrebbe essere quella di proporre un pacchetto”.

Fonte: Nadja Bartolucci - PrimaOnline.it

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